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mercoledì 14 febbraio 2018

Etnicizzare il sociale. Rischi e contraddizioni di un approccio esclusivo sull’identità e la cultura





Abstract della relazione che sarà presentata in occasione del Convegno Riconoscimento, tutela e promozione sociale delle comunità rom e sinte in Italia. Quali azioni promuovere che si svolgerà il 20 febbraio, presso la Sala degli Atti Parlamentari, Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, Piazza della Minerva 38, Roma.


Qui, la registrazione video completa del convegno.


di Antonio Ciniero


La questione di chi possa essere o meno considerato rom non ha una soluzione condivisa, né sul piano degli studi scientifici, né su quello della definizione politico-legislativa. Non esistono criteri oggettivi per determinare chi sia rom e chi non lo sia: esistono paesi in cui i rom sono riconosciuti come minoranza e altri in cui non lo sono; non tutti coloro che si autodefiniscono o sono definiti rom parlano la stessa lingua, o condividono una religione comune; inoltre i gruppi rom hanno provenienze geografiche diverse, così come molto diverse sono le condizioni socio-economiche o i livelli di scolarizzazione. Anche i tassi di partecipazione alla vita politica dei paesi nei quali vivono cambiano sensibilmente, sia in termini di partecipazione attiva che passiva (Bačlija, Haček, 2012; McGarry, Timofey, 2014).

Nonostante questa varietà, considerare i rom come appartenenti a gruppi etnici e/o con caratteristiche culturali comuni, più o meno rigidamente definite, è stato e continua ad essere un approccio piuttosto diffuso in parte della letteratura sul tema e, soprattutto, nell’azione politica che le istituzioni pubbliche mettono in campo. Sul piano sociale e culturale, il processo di costruzione di un’immagine più o meno omogenea - in alcuni casi essenzialista - con cui viene identificata la cultura rom, iniziato nel Settecento con la diffusione delle teorie sull’origine indoariana del romanes,  continua ancora oggi a condizionare, in particolare, il discorso pubblico sui rom (Sigona, 2006). È un discorso alla cui formazione partecipano, a diversi livelli, molti attori: politici, rappresentanti istituzionali, attivisti, associazioni, media, artisti e rappresentanti delle élites romanì (McGarry, 2014), che veicolano, a seconda dei casi, immagini con cui identificare la cultura rom: devianza, precarietà economica, disagio abitativo, ma anche rivendicazione in positivo di aspetti legati dell’uso del romanes, al mito fondativo della comune discendenza indoariana di tutti i rom o alle rappresentazioni artistiche, elementi parziali sui quali si basa, di volta in volta, la rappresentazione complessiva della storia, dell’identità e della cultura romanì (Daniele, 2010), lasciando da parte, tra l’altro, tutti gli aspetti di negoziazione dinamica dei singoli nella sfera pubblica e anche in quella privata (Benhabib, 2002).

domenica 4 febbraio 2018

L’Italia è attraversata dalla violenza razzista e sessista: è tempo di reagire

Photo credit: Ilaria Papa

di Antonio Ciniero e Ilaria Papa

  
L’Italia è attraversata dalla violenza razzista e sessista. Ciò che è successo a Macerata non è, purtroppo soltanto un caso isolato, il gesto estremo di una personalità definita borderline, esasperata magari da altri problemi e fatti, come velocemente è stato dichiarato su diversi media, anche stranieri, e da alcuni esponenti politici. C’è una vasta, complessa trama, in alcuni punti più lenta e sottile, quasi invisibile, impalpabile, in altri più immediatamente percepibile, che attraversa l’Europa e, in particolare, l’Italia. Episodi come quello di Macerata, che evocano con forza fantasmi ed incubi da un passato che pensavamo non sarebbe potuto tornare, rappresentano solo alcuni nodi più evidenti di questa rete di fatti e idee. Era un simpatizzante di Forza Nuova anche l’uomo che a gennaio ha ucciso la moglie e sparato sulla folla dal balcone di casa nel Casertano.
Sia chiaro, la violenza sessista è un fatto trasversale a status, classi, definizioni politiche e nazionalità. Tuttavia, qualunque cosa ne dicano gli accusatori soltanto per “profilo etnico” (nel caso degli autoctoni, si tratterebbe sempre di cose da poco o sarebbero le donne ad essersela andata a cercare, come qualche politico ha dichiarato dopo i fatti di Firenze che hanno visto due carabinieri indagati per stupro), alcune connessioni, alcuni legami, trasversali a partiti e idee politiche, classi, età, tali da creare influenze, alimentare problematiche e comportamenti, ci sono e sono rintracciabili in alcune condotte, che, a voler guardare, risultano chiare. Queste condotte, se ci sta a cuore il futuro della nostra democrazia, il valore della vita di tante persone, dei nostri figli e di noi stessi, di quello che siamo e abbiamo costruito, dovrebbero essere smascherate, rivelate, portate alla luce e denunciate, combattute, il più possibile.