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lunedì 3 luglio 2017

MASCARIMIRÌ, COME LEGGE! PERCORSI SCOLASTICI, IDENTITÀ E RIELABORAZIONE DELLE APPARTENENZE CULTURALI NEL RACCONTO INTERGENERAZIONALE DI UNA FAMIGLIA ROM DELL’ITALIA MERIDIONALE. NOTE SU UN’INDAGINE IN CORSO

Memorie
Autore: Lucio de Salvatore
    
di Antonio Ciniero
Abstract

Nel Salento presenze rom sono attestate almeno dal XVI secolo e ancora oggi nel territorio della provincia di Lecce vive un cospicuo numero di famiglie di origine rom. La storia dei gruppi rom residenti nel Salento è profondamente intrecciata con quella del territorio. Questo saggio, attraverso l’analisi di fonti storico-antropologiche e interviste etnografiche, descrive i processi di scambio e interazione tra una famiglia rom e il più ampio contesto socio-economico in cui è inserita, con una particolare attenzione al ruolo svolto dai processi di scolarizzazione.

Parole chiave: Rom, Salento, scolarizzazione, identità, appartenenza culturale


In Salento, presences of the Roma people has bee formally recorded since the 16th century, and still today a large number of Roma origins families is living there. Their history is deeply intertwined with the local one. Through the analysis of historical and antropological sources and ethnographic interviews, this paper describes the processes of exchange and interaction between a Roma family and the broader socio-economic context, with a particular attention to the role of schooling processes.

Keywords: Roma, Salento, schooling processes, identity, cultural affiliation



Introduzione     
La storia dei diversi gruppi rom è profondamente connessa con quella dei luoghi in cui hanno vissuto. Le relazioni storicamente sviluppatesi tra rom e non rom hanno nel tempo assunto forme differenti (persecuzione, esclusione, assimilazione, scambio), secondo i contesti geografici e delle politiche pubbliche vigenti in quei luoghi (Piasere 2004).
In questo scritto si analizza uno degli aspetti che più ha contribuito a creare forme di connessione e interazione tra rom e non rom su uno specifico territorio, quello della provincia di Lecce[1] (che registra presenze rom almeno dal XVI secolo): il rapporto con la scuola, a partire dagli anni in cui la scolarizzazione diviene un fenomeno di massa. È negli anni Sessanta, con la riforma che istituisce la scuola media a ciclo unico, che i diversi strati sociali popolari del meridione vengono coinvolti, in modo crescente, nel processo di scolarizzazione (Bevilacqua 1993). Sono anni che coincidono con la progressiva dissoluzione dell’universo contadino, che rivoluzionano assetti sociali, ruoli e orizzonti culturali (Crainz 1996). Ed è proprio con il superamento di un’economia prevalentemente agricola che si intensifica anche quel lungo processo di inclusione, già avviato nei secoli precedenti e che dura ancora oggi, che ha portato alcuni rom residenti nel Salento a costruire con le popolazioni del posto rapporti di scambio e commistioni tali da far risultare oggi i rom quasi del tutto invisibili agli occhi esterni (Pontrandolfo 2013).  In questo contesto, riflettere sul ruolo della scuola rispetto alle diverse forme di adattamento e di rielaborazione delle identità dei soggetti di origine rom per rispondere alle trasformazioni socio-economiche in atto può risultare particolarmente significativo.
Il superamento dell’assetto societario che ruotava attorno all’economia agricolo-artigianale ha spinto infatti molti rom a reiventare i vecchi mestieri, un tempo di centrale importanza, ma resi desueti dai processi di meccanizzazione; sul piano dei rapporti inter-individuali, ha condotto i singoli a un maggiore confronto con i non rom e a reinterpretare il patrimonio culturale e l’identità romanì (è il caso di molti operatori culturali, musicisti, cantanti, pittori) oppure a perseguire una strategia di invisibilità tendente a nascondere le proprie origini per sfuggire i pregiudizi.
Sul piano dell’azione politica, i processi di inclusione delle famiglie di origine rom nel Salento sono stati favoriti dall’assenza sul territorio – così come per altri gruppi rom dell’Italia meridionale – di dispositivi politici che tendevano a separarli giuridicamente dal resto della popolazione. L’obbligo scolastico, la scolarizzazione di massa e l’assoluta assenza di classi latcho drom[2] hanno facilitato processi di confronto e scambio tra rom e non rom, travalicando il tradizionale ambito lavorativo al quale, maggiormente, erano relegati. È tra i banchi di scuola che i giovani e le giovani rom si confrontano e si scontrano con i non rom, negoziano, costruiscono e rielaborano le loro forme identitarie e di appartenenza culturale.





[1] Nel testo l’uso dei termini “rom”, “famiglie rom”, “rom salentini”, “soggetti di origine rom”, “discendenti da famiglie rom” non vuole alludere in alcun modo all’esistenza sul territorio oggetto di studio di un gruppo dalle caratteristiche socio-culturali definite e differenti da quelle del resto della popolazione locale, né ad un gruppo accomunato da una presunta identità collettiva più o meno omogenea. La scelta di utilizzare questa terminologia si basa esclusivamente sull’autodefinizione che i soggetti incontrati nel corso dell’indagine hanno dato di sé stessi. L’espressione “rom salentini” non è utilizzata come categoria definitoria; laddove è presente è da intendersi solo nel senso di “soggetti che si autodefiniscono rom e che risiedono nei comuni del territorio salentino”. La questione della definizione categoriale di chi possa essere o meno considerato rom non ha una soluzione condivisa, né sul piano degli studi scientifici, né su quello della definizione politico-legislativa. Non sono identificabili criteri oggettivi per determinare chi sia rom e chi non lo sia: esistono paesi in cui i rom sono riconosciuti come minoranza e altri in cui non lo sono; non tutti coloro che si autodefiniscono o sono definiti rom parlano la stessa lingua, o condividono una religione comune; inoltre i gruppi rom hanno provenienze geografiche diverse, così come molto diverse sono le condizioni socio-economiche o i livelli di scolarizzazione. La definizione di chi possa essere considerato rom, come tutte le definizioni etniche, è, dunque, un problema destinato a non avere soluzione se non di tipo puramente convenzionale. Su questo aspetto si veda Ciniero (2017, in stampa).
[2] Istituite nel 1965 attraverso un protocollo di intesa tra il Ministero dell’Istruzione e l’Opera Nomadi, queste classi speciali, destinate esclusivamente a bambini rom e sinti, furono soppresse definitivamente solo nel 1982.

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