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giovedì 29 giugno 2017

Chiudere i porti alle navi delle ONG è inumano!




Sbarco nel porto di Pozzallo, nel 2016, di 433 migranti salvati dall’Ong Moas e dalla Croce Rossa a bordo della nave Topaz Responder 

di Antonio Ciniero

È davvero deprimente leggere oggi le prime pagine dei giornali Italiani. Su tutte campeggia la proposta del governo italiano di chiudere i porti alle navi delle ONG che salvano vite in mare condannate a morte quasi certa dalle leggi migratorie italiane ed europee.

L’arrivo di 12 mila persone non è un emergenza, né tantomeno è un evento inatteso in un periodo in cui le condizioni meteorologiche facilitano, per quello che è possibile, la possibilità della traversata in mare.

Entro fine anno, gli arrivi via mare in Italia saranno circa 200 mila, al netto delle persone che purtroppo continueranno a morire (l’anno scorso gli arrivi sono stati circa 180 mila).

La previsione dell’arrivo di circa 200 mila persone non esce da qualche speciale cilindro, è semplicemente la capacità che riesce a garantire il sistema dei viaggi irregolari sui barconi così come oggi è configurato dalle leggi che regolano le modalità di ingresso sul territorio italiano.

Sono cose note e non da oggi! E dovrebbero essere tali anche agli esponenti dell’attuale governo! Di conseguenza, se la proposta di chiudere i porti vuole essere una misura per fronteggiare un’emergenza inesistente, il governo italiano semplicemente dimostra la sua totale inadeguatezza a far fronte ad un fenomeno che si ripete identico a se stesso da almeno sei anni!

Se invece la proposta di chiudere i porti è dettata da logiche elettoralistiche (ricerca di consenso) o da un tentativo di ridefinire rapporti politici di forza all’interno dell’Ue, allora, questa proposta è l’ennesimo gioco sporco fatto sulla pelle delle persone! Così come lo era stato l’attacco del procuratore Zuccaro alle ONG, anche in quel caso del tutto privo di fondamento.
Uomini, Donne e bambini, ridotti, cinicamente, a pedine da sacrificare sullo scacchiere della politica interna e internazionale.

Tutto ciò è indegno di un paese democratico. Di più, tutto ciò è inumato.




lunedì 26 giugno 2017

Il comune di Foggia minaccia nuovamente di sgomberare il “ghetto bulgaro”


foto: Ilaria Papa



di Antonio Ciniero


Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando centinaia di braccianti, uomini e donne, sono costretti a vivere in condizione di estrema vulnerabilità?
Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando uomini e donne sono sfruttati in condizioni inumane sui campi agricoli per raccogliere i prodotti che verranno consumati sulle tavole di mezza Europa e faranno crescere il PIL dell’agricoltura italiana?
Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando una madre e un padre sono costretti a portare con sé il/la proprio/a figlio/a in un baraccopoli insalubre pur di garantirli un tozzo di pane?   

Semplice, per decenni finge di ignorare il tutto e poi, coerentemente, finge di affrontare la questione tirando fuori la sempre inutile soluzione “emergenziale”!

Questo è quanto ad oggi sembra stia per fare il Comune di Foggia con il cosiddetto ghetto bulgaro. In questi giorni il Comune - in realtà ci aveva già provato qualche mese fa, ma invano - sta riproponendo lo stesso atteggiamento demagogico che hanno adottato nel corso degli anni la gran parte delle amministrazioni locali italiane quando si sono trovate di fronte alla necessità di prendere provvedimenti per affrontare emergenze sociali (soprattutto se queste emergenze sociali riguardavano le condizioni di vita di cittadini rom in condizione di grave esclusione sociale e di estrema povertà).

Anziché attrezzarsi, per tempo e di concerto con gli altri attori istituzionali e non, per dare risposte solidali si preferisce seguire la via più breve, quella che criminalizza la povertà e l’esclusione sociale. Quella che cerca di trasformare, in maniera subdola, le vittime in carnefici.
Quando questo processo è confezionato per bene, può essere dato in pasto ai media e si può emanare una bella ordinanza di sgombero, tonto inutile quanto dannosa.

Se anche il comune di Foggia questa volta riuscisse a portare a termine lo sgombero, non serve certo la palla di cristallo per sapere che l’azione non avrà alcuna efficacia. A pagare il prezzo più alto, come al solito, saranno i più deboli: il ghetto continuerà ad esistere, al massimo si sposterà solo di qualche metro, i braccianti continueranno ad essere sfruttati, i diritti umani continueranno ad essere sospesi. Poi, l’anno prossimo, si comincerà nuovamente daccapo, con la stessa ipocrisia che in Italia accompagna queste operazioni da oltre trent’anni…




domenica 18 giugno 2017

Lo ius soli è un diritto: non è procrastinabile, né si può temperare!


Photo credit: contrordino.it



di Antonio Ciniero


In Italia sono oltre un milione e duecentomila i ragazzi e le ragazze senza la cittadinanza italiana che hanno meno di vent’anni. Ragazze e ragazzi nati in Italia, oppure arrivati da piccolissimi, alcuni addirittura figli di genitori nati in Italia, che per lo stato italiano sono stranieri.  Ragazzi e ragazze che, in moltissimi casi, non si sono mai spostati dal suolo italiano, nemmeno per un solo giorno, la cui permanenza in Italia è sottoposta ai dettami di quanto previsto dal Testo Unico sulle Migrazioni.

Il dibattito sullo ius soli di questi giorni, la bagarre scoppiata in Senato a causa dei senatori leghisti, l’astensione del movimento cinque stelle, sin dalla sua fondazione su posizioni dichiaratamente xenofobe e razziste (mi pare sia l’unico partito in Italia che preveda il possesso della cittadinanza italiana come requisito per potervi aderire), le manifestazioni fuori da Palazzo Madama organizzate della galassia della destra neofascista italiana, la timida proposta politica - e per molti versi limitata - elaborata dall’attuale maggioranza danno la tara del ritardo storico accumulato dal nostro paese, nonché, diciamolo chiaramente, della totale inadeguatezza dell’attuale compagine politica, e delle precedenti, nell’affrontare temi importanti, epocali, come lo sono quelli legati l’allargamento dei diritti (sociali, civili e politici) a coloro che ne sono privi, a cittadini che, allo stato attuale, vivono, in diversi ambiti, un’apartheid di fatto.

Le motivazioni addotte da chi oggi osteggia l’approvazione della proposta di legge sullo ius soli non hanno ragion d’essere. La paventata paura dell’arrivo massiccio di puerpere sulle coste italiane, l’artata confusione tra allargamento del diritto di cittadinanza e diminuzione dei diritti dei lavoratori, lo spauracchio del terrorismo e della sicurezza, immancabile tema che accompagna il discorso pubblico e le leggi sulle migrazioni nel nostro paese sin dal 1986 (anno della prima legge in materia), hanno polarizzato il dibattito pubblico in due fazioni contrapposte: chi osteggia e contrasta l’adozione del provvedimento sullo ius soli in virtù di argomentazioni che affondano le radici culturali nel retaggio del pensiero colonialista e razzista italiano, mai adeguatamente rielaborato (il primato del sangue, della nazione, del popolo, della cultura), e chi si fa portatore di istanze che rivendicano uno ius soli a metà, pensando di legare e subordinare un diritto fondamentale come quello di cittadinanza alla condizione amministrativa di soggiorno dei genitori del nascituro o a requisiti “culturali” fissati per legge.

martedì 13 giugno 2017

Cercando bellezza. Le migrazioni oltre la visibilità






di Antonio Ciniero


Riporto l’introduzione al catalogo fotografico Cerchiamo Bellezza, curato dall’associazione  FotoFucina. Il catalogo e la mostra fotografica saranno presentati sabato 17 giugno 


Oggi più di 200 milioni di persone vivono in un paese diverso da quello nel quale sono nati. Se è vero che la storia umana è una storia di migrazioni, è altrettanto vero che l’epoca contemporanea conosce una mobilità senza precedenti. Partire è oggi sempre più una scelta obbligata: nello scorso anno, sono state oltre 65 milioni le persone costrette alla fuga nel mondo, una cifra mai registrata prima. Oltre 5 mila sono state le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Morti di confine, morti ai confini. 
La migrazione è una scelta obbligata anche perché rimane una delle poche possibilità di risposta alla sperequazione economica e alle forti diseguaglianze sociali a cui la maggior parte della popolazione, a livello planetario, è costretta dal sistema economico dominante. Un sistema in cui l’1% dell’umanità possiede più ricchezza netta del resto del pianeta. Un sistema nel quale 8 persone possiedono tanto quanto la metà più povera del mondo. Un sistema nel quale, tra il 1998 e il 2011, i redditi del 10% più povero dell’umanità sono aumentati di meno di 3 dollari l’anno, mentre quelli dell’1% più ricco sono aumentati 182 volte tanto. Questa sperequazione non è un effetto accidentale, è il risultato di oltre quarant’anni di applicazione delle politiche neoliberiste.